Conosciamo l’Ensemble del Liceo Scientifico G. D’Alessandro: intervista a Vincenzo Baldone

Grande successo per il concerto di Natale del 14 dicembre. Un pubblico partecipe, carico e inaspettatamente numeroso. Quest’anno, si è infatti registrata un’affluenza sorprendente, che ci ha fatto sorridere. Il magistrale Ensemble del nostro Istituto ha portato nei cuori degli spettatori lo spirito natalizio, che ci ha fatto dimenticare, per un istante, lo stress e le preoccupazioni della vita frenetica di noi studenti e di tutti i presenti. Il repertorio presentato, infatti, ha soddisfatto grandi e piccini, con una selezione di brani natalizi alternati ad iconiche colonne sonore della cinematografia internazionale che ci hanno emozionato.

Ancora più emozionante è stata l’esclusiva opportunità di confrontarci in diretta col lavoro del maestro Vincenzo Baldone.

Cosa ti ha spinto ad intraprendere il percorso da direttore d’orchestra?

«Questa strada l’ho intrapresa dal momento in cui è nata in me l’amore verso questa disciplina nobile. Diciamo che è stato un processo lento, graduale che mi sta dando molto. Il traguardo del successo è difficile da raggiungere, ma io sto cercando di dare il mio meglio e ce la metterò tutta per realizzarmi e fare di questa passione un lavoro».

Quali sono le difficoltà professionali di questo lavoro?

«La direzione d’orchestra è vista da molti come un semplice movimento di braccia. In realtà è molto più di questo: per essere efficace in questo ambito bisogna avere numerose conoscenze di base come la composizione e la lettura della partitura. Ciò rende la formazione molto impegnativa ma al tempo stesso affascinante perché ti porta ad avere, una volta padroneggiate queste competenze un livello di musicalità a 360°».

Parliamo di generi musicali: il repertorio del direttore d’orchestra è tendenzialmente classico, nonostante questo riesci a svincolarti da questo genere nel tuo lavoro? 

«Sì. Le realtà musicali con cui mi ritrovo a lavorare la maggior parte delle volte sono quelle della musica classica e quella contemporanea. Solo due generi potrebbero quindi sembrare limitanti, tuttavia mi permettono di spaziare in un grande assortimento di brani diversi tra loro, pur essendo dello stesso genere . Ad esempio il repertorio classico è vastissimo, da quello di tipo antico, al barocco, a quello sinfonico, vedi Beethoven, Mozart e Brahms con i loro stili così unici».

Quali sono le abilità che contraddistinguono un buon direttore d’orchestra da un altro?

«Sinceramente non saprei che cosa distingue un semplice direttore da un professionista, a livello tecnico. Tuttavia penso che sia fondamentale possedere un’abilità nel gesticolare tale da trasmettere le proprie emozioni all’orchestra. Un altro aspetto importante è che il direttore interagisca con l’insieme, suonando con esso, pur non facendolo fisicamente. Tutti questi fattori competono a dare al risultato finale il respiro di cui l’orchestra necessita, perché la sua performance faccia la differenza».

Come descriveresti il rapporto tra te e la tua orchestra?

«Il rapporto con i miei compagni di lavoro è cresciuto col percorso. Quando ho iniziato ero il più scarso del gruppo, come fossi finito lì per caso, e poi sono diventato tutt’altro. Il legame è duraturo e molto stretto perché giornaliero, in quanto tu interagisci con loro quotidianamente. Si impara a vivere insieme, a gestirsi e a capire l’approccio al lavoro. E’ come un equilibrio in costante mutamento, ma sempre armonioso. Quello che mi auguro è che l’orchestra continui ad andare avanti anche senza di me e che raggiunga i migliori successi».

Progetti per il futuro?

«Innanzitutto, conseguire il diploma accademico di secondo livello in direzione d’orchestra, che praticamente corrisponde al biennio. Dopo di che, un mio sogno è andare all’estero e fare qualche master, nella speranza di sfondare anche fuori da qui. Il tutto però è molto difficile, la strada è lunga ed impegnativa, quindi vorrei procedere un passo alla volta, un mattone dopo l’altro».

 

 

 

                                                                                                    Articolo a cura di

Alessio Sicilia

Alessia Vaglica

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