1° maggio del 1947: un giorno, un ricordo e una lotta

Il 1° maggio ricorreva l’anniversario della strage di Portella della Ginestra del 1947, ricordata come la prima strage dell’Italia repubblicana, ancora oggi celata da dubbi e menzogne. Da circa 65 anni si associa alla figura di Salvatore Giuliano la responsabilità di questa orribile strage. Secondo lo storico Sandro Provvisionato fu proprio Giuliano, il bandito di Montelepre, a sparare quella mattina del 1° maggio sulla folla.
Quella mattina, circa 2 mila lavoratori della zona di Piana degli Albanesi, in prevalenza contadini, si riunirono in occasione della festa dei lavoratori nella vallata di Portella della Ginestra per manifestare contro il latifondismo, a favore dell’occupazione delle terre incolte, e per festeggiare la vittoria del Blocco del Popolo nelle recenti elezioni per l’Assemblea Regionale Siciliana. Chi era sopra i propri muli, chi sopra il carretto, chi si era preparato per un picnic. La banda di Giuliano aprì il fuoco sulla folla. La prima reazione di molti fu di pensare che si trattasse di fuochi d’artificio. Poi le pallottole dei mitra colpirono i bersagli e la gente cominciò a cadere sul suolo. Dieci minuti di raffiche provenienti dalle colline antistanti la vallata. La gente cominciò a ballare, di un ballo spaventoso e lugubre. Ci furono 33 feriti e 11 morti.
I perché di questa orribile strage sono ancora oggi avvolti nel mistero. Si sa solo che quell’eccidio di uomini, donne, bambini, poveri contadini comunisti e socialisti era avvenuto all’indomani di una grande vittoria ottenuta dal Blocco del popolo, una lista formata appunto da PCI e PSI, alle elezioni amministrative regionali, le prime per l’Assemblea siciliana. Secondo Provvisionato, l’allora ispettore della sicurezza della regione Sicilia venne a sapere chi fossero i mandanti e chi avesse armato la mano del bandito, ma, come succedeva in quegli anni, si preferì celare il tutto e così altri funzionari statali evitarono di aprire ulteriori indagini sull’accaduto.
Malgrado tutto, la coscienza della cittadinanza di Piana degli Albanesi è ancora oggi più motivata a ricordare. Infatti sul luogo dell’eccidio oggi si erige una monumento, su cui è scritta la seguente frase:
“U me cori doppu tantanni ea purtedda e nta petri e nto sangu di cumpagni ammazzati”
Domenico Carbonari

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