L’arte dovrebbe autocensurarsi?

Nell’ultimo anno nel panorama del rap italiano è apparso un nuovo gruppo: gli FSK satellite. Quest’anno, i ragazzi del gruppo hanno pubblicato ben due album, nel quale sono contenuti brani che trattano argomenti pesanti, anche per i rapper. In particolare risalta l’uso di droghe, quali cocaina ed eroina. Si potrebbe dire che loro ostentino queste loro azioni, anche se io penso che non stiano assolutamente né ostentando né vantandosi di quello che hanno fatto, bensì stiano semplicemente raccontando.

Detto questo, vorrei interrogarvi su una domanda che ammette più risposte opinabili; l’arte dovrebbe autocensurarsi?

Se la vostra risposta è positiva, qual è il limite?

Durante lo scorso festival di San Remo è finito in mezzo alla bufera mediatica il cantante Achille Lauro a causa della traccia che ha presentato, “Rolls Royce”. Una canzone che, a detta di molti giornalisti, tra cui quelli di “Striscia la Notizia”, inneggia all’uso della Rolls Royce, una pasticca psicoattiva. Ecco, sorvolando sul fatto che l’artista ha più volte dichiarato di riferirsi alla marca automobilistica (errore nell’errore per “Striscia”), trovo che, anche se avesse voluto di parlare di questa strana sostanza, non avrebbe avuto motivo per non farlo.

Questo non è assolutamente un caso isolato. Casi di censura dell’arte ci sono da sempre in qualunque ambito. In drammaturgia penso a Ibsen, che nel diciannovesimo secolo ebbe problemi con la rappresentazione delle sue opere sul ruolo della donna e sull’emancipazione femminile. Per continuare, il “Giudizio Universale” di Michelangelo che, a causa dei corpi nudi raffigurati, fu modificato vestendo di panni le parti intime fino agli anni ’90; o la “Morte della Vergine” di Caravaggio, che all’inizio venne rifiutata a causa delle sembianze troppo terrene per così dire della Vergine, quando invece avrebbe dovuto avere dei tratti sacri. Casi eclatanti di censura si trovano in letteratura. Un ennesimo esempio con George Orwell: il suo capolavoro, “1984”, è stato censurato per 40 anni nell’Unione Sovietica, mentre “La fattoria degli animali” (altro libro di Orwell) è ancora censurato in Cina, Kenya, Cuba ed Emirati Arabi.

Trovo che l’arte, nella sua interezza, non vada mai  e poi mai censurata, in primo luogo perché penso sia contraddittorio censurare l’arte e poi perché si tratta di un vero e proprio diritto negato all’arte e all’individuo che ne usufruisce.  Considero inconcepibile che si applichi la rimozione di un dettaglio che l’artista ha appositamente messo, allo scopo di rievocare una sensazione, seppur in modo brutale, e che pertanto risulta necessario.

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