Lo sguardo profetico della macchina da presa

Il 2020 è stato un anno di fantascienza, ci siamo ritrovati in una di quelle situazioni surreali che fino ad allora avevamo visto solo nei film. A questo proposito come affronta la pandemia il cinema? Le situazioni sono veritiere? Quanto vicino alla nostra realtà si sono spinti senza avere certezza di nulla?

Contagion del 2011 di Steven Soderbergh, è uno dei film che più si avvicina alla nostra realtà. Il film parla di una nuova malattia letale che si trasmette tramite goccioline respiratorie e oggetti contaminati. Il virus, denominato Mev-1, ha origine in Hong-Kong, deriva da un pipistrello che successivamente passa al maiale. Una donna di ritorno da un viaggio di lavoro si ammala, crede che i suoi siano dei comuni sintomi di un’influenza, ma dopo poco muore e da lì una troupe di medici cercherà un vaccino per fermare la pandemia, mentre nel mondo si crea il caos. Il virus descritto è ispirato all’epidemia della SARS, il film ha ottenuto molte critiche quanto successo, ed è stato approvato per la sua accuratezza scientifica. Penso sia alquanto stupefacente la somiglianza della pandemia del Mev-1 a quella del nostro Covid-19, è come se fosse un film ispirato al coronavirus prima che quest’ultimo nascesse. Affinché le persone rispettassero le prassi adeguate per evitare il contagio, il cast di Contagion registrò e divulgò dei video messaggi su quanto fosse importante lavarsi le mani e limitare i contatti. La stessa Kate Winslet, che nel film è un’epidemiologa alla ricerca del paziente zero, afferma: “Lavatevi le mani. La nostra vita dipende anche da questo”.

La raccomandazione delle Winslet ci fa capire che dopotutto non siamo in un universo tanto diverso da quello immaginato da Soderbergh. Certo sarebbe più facile se fossimo davvero su un set cinematografico, reciteremmo la nostra parte e poi dopo i titoli di coda potremmo ritornare a respirare. E se invece dovessimo fare esattamente questo? Aspettare i titoli di coda per poterci gettare tutto alle spalle, vivere il più quanto possibile in sicurezza attendendo la fine del film. Certo poi come minimo ci aspetteremmo di essere premiati con un Golden Globe e camminare sul Red carpet perché- diamine – è stato così maledettamente difficile vivere in questa situazione. Così come è stato difficile per Robert Neville, in “Io sono leggenda”, affrontare la sua pandemia in completa solitudine.

Robert Neville è l’ultimo uomo sulla terra: un’epidemia ha sterminato tutta l’umanità, ma durante il rigor mortis i cadaveri risorgono sotto forma di vampiri. Una volta rimasto solo, la sua giornata è scandita dalla routine quotidiana della caccia al vampiro, della manutenzione delle difese della sua casa e il procurarsi i viveri necessari al suo sostentamento. I “succhiasangue”, tutte le notti, assaltano il suo rifugio cercando di entrare e, quando frustrati capiscono di non avere nessuna possibilità, cercano di fare breccia nel suo punto debole: l’assoluta, angosciante, infinita, solitudine. Più che uno scontro fisico la loro arma è quella di mostrare l’assurdità dell’ostinazione a voler rimanere l’unico uomo in un mondo, totalmente mutato, a non voler anch’egli mutare. Ma Robert è un combattente e sempre più solo resiste, diventando leggenda.

Il film è tratto dal celebre romanzo di Richard Matherson, in particolare di questo romanzo ci ha colpito una citazione che si collega perfettamente alla nostra pandemia, alla nostra caccia al vampiro.

«Il vampiro trae forza dal fatto che nessuno intende credere alla sua esistenza.” Grazie tante, dottor Van Helsing, pensò, deponendo la sua copia di Dracula. Fissò la libreria di malumore, mentre ascoltava il secondo concerto per pianoforte di Brahms, un whisky liscio nella mano destra, una sigaretta tra le labbra.
Era vero. […] quella frase diceva la verità: nessuno aveva creduto alla loro esistenza, e come si faceva a combattere qualcosa in cui non si credeva?»

Non possiamo non riconoscere la similitudine del negazionismo di alcune persone al covid-19. Perché a tutti gli effetti Van Helsing ha ragione: come si può combattere una cosa in cui non si crede? Ma noi sappiamo che il nostro vampiro c’è, esiste, e ce ne accorgiamo ogni giorno. Mi sembra assurdo dover anche lottare per far credere ad un qualcosa di reale, come se già non stessimo affrontando la resistenza di un grande e potente Ade, in cui sono state inghiottite migliaia di persone.
Abbiamo analizzato questi film per comprendere che, al di là del loro surrealismo, c’è un briciolo di realtà in loro, e che potremmo prendere esempio attuando degli accorgimenti per non ripetere gli stessi errori. Nonostante questi film siano stati girati prima ancora di una vaga idea di un possibile e reale virus, che avrebbe portato ad una pandemia globale, ci hanno dato un aiuto, uno spunto, per affrontare al meglio delle nostre capacità la nostra pandemia.

 

Virginia Balistreri, con l’esclusivo aiuto e supporto di Antonino Aiello

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