Tutto un po’ più lento, tutto un po’ più fermo

La pandemia da Covid-19 ha totalmente stravolto le nostre vite. Il lockdown ha influenzato la nostra
concezione temporale, tanto da non sapere più a che giorno siamo. Il tempo si è come fermato. Ogni
giorno ci sembra uguale al precedente, l’agenda viene consultata per noia, tutto è fermo, in attesa di
qualcosa che sta per arrivare, di un esercito invisibile che non abbiamo armi per fronteggiare. Questo è
infatti il linguaggio usato per parlare di questo virus, si parla di fronte, di trincea, di guerra senza armi. Le
dimensioni nelle quali siamo al mondo, spazio e tempo, sono cambiate radicalmente. Prima di questa
pandemia, avevamo un tempo pieno, impegnato, compulsivo, intasato, che improvvisamente ha invertito la
sua marcia, diventa libero, largo, quasi austero, senza orologio, scandito dai ritmi naturali e biologici. I
bambini sono felicissimi di poter stare tutto il giorno con mamma e papà, finalmente liberi dagli impegni
lavorativi e quotidiani. Siamo in contatto costante con persone, i nostri familiari, che prima vedevamo con
ritmi ed orari precisi e finalmente ora impariamo a conoscerli nel dettaglio, nel segreto, potendoli
osservare per ore. Siamo stati precipitati nel polo opposto rispetto a quello che abbiamo abitato fino
all’anno scorso: il tempo veloce è divenuto lento, la società iperproduttiva si è fermata, l’iperattività è stata
sostituita dalla lentezza, gli spazi multipli da uno unico, le mille facce da poche facce che ci guardano e che
guardiamo continuamente e chi è solo sente questa condizione con più intensità, perché privato dalle
relazioni che invece prima lo tiravano via da quella sua condizione.
Ma, al posto di guardare al passato, è ora il momento di pensare a come sarà la vita nel futuro post Covid-
19. Dobbiamo “ingannare il tempo” più di quanto si faccia nei nostri contesti familiari. L’esperienza del
coronavirus ci ha insegnato un nuovo concetto di temporalità e di flessibilità. Siamo sicuri che l’umanità
riuscirà a superare questa crisi, ma non sarà l’ultima, ce ne saranno altre. Forse allora, sarà confortante
sapere che possiamo e dobbiamo “ingannare il tempo” e pianificare il futuro, anche quando ci sentiamo
intrappolati nel presente.
Ma il tempo, non è stato l’unico aspetto rivoluzionato nella nostra vita, infatti anche lo spazio è cambiato e
si è notevolmente ridotto. Nell’ultimo anno ormai, l’uomo ha dovuto mutare il proprio comportamento e
adattarsi alla situazione critica. È incredibile come quella forza primitiva di andare sempre un po’ più in là,
di spingersi lontano da ciò che si conosce, di esplorare l’ignoto, sia stata frenata e soffocata da questa
emergenza in uno dei momenti di massimo sviluppo. Bisogna far presente che la pandemia abbia frenato la
nostra mobilità, limitandoci a muoverci a pochi chilometri da casa. Siamo stati messi a dura prova per mesi,
non è nella natura dell’uomo restare fermo a guardare da una finestra i cambiamenti irreversibili del
mondo.
È quasi ironico come prima davamo per scontato una semplice giornata di scuola, con i compagni, e magari
preferivamo essere perfino altrove. Invece adesso troviamo le scuse più strampalate per poter evadere
dalle mura domestiche: c’è chi non vede l’ora di buttare la spazzatura, o di finire le mascherine per potersi
recare in farmacia. Questa pandemia, oltre a cambiare le nostre abitudini, ci ha cambiati nel profondo, ha
cambiato il nostro modo di pensare, adesso ad un centro commerciale associamo un possibile focolaio,
perché diciamocelo la paura è sovrana e ci spinge ad evitare qualsiasi contatto sociale. Siamo arrivati anche
ad associare luoghi improbabili ad occasioni improbabili: adesso vediamo il supermercato stesso come
possibile luogo di incontro, l’abbiamo sostituito ai nostri soliti bar, piazzette e locali.

A cura: Alexandra Andreea Hriscu e Marilisa Spinella.

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